19 Nov Io e Sgorby
Molti mi chiedono com’è possibile vivere con un piccione libero in casa: si può. Vivo da quattro anni con una colomba. Sgorby, è questo il suo nome, è stata raccolta su un balcone, caduta dal nido a pochi giorni dalla nascita. Era un uccellino curioso assai, coperto da una peluria gialla, con zampe enormi e una testa da rapace. Incerta a quale specie di volatile appartenesse, e giacché bruttino, mia sorella che l’aveva trovato pensò bene di chiamarlo ‘Sgorby’, nome cattivo ma simpatico, che perciò non gli abbiamo più cambiato.
Da quel momento la mia casa è abitata dal suo volo libero, che ha per cielo le mie stanze, per alberi i mobili e le mie cose più care.
Sgorby per me non è un piccione, ma l’esperienza poetica più alta vissuta nella vita, la più tenera, la più luminosa.
Lei vive e io ne sono stupefatta, perché mi chiedo ogni minuto da dove viene la luce dei suoi occhi, l’intelligenza che le fa prendere decisioni imprevedibili; la forza delle sue zampette, la consistenza di pura seta del piumaggio, la delicatezza con cui bacia il mio viso ogni volta che siamo vicine. Qualcuno dice che questo legame è innaturale, perché lei mi crede il suo compagno. Ma io penso a tutte le volte in cui ho amato qualcuno nella vita credendo fosse quella la persona giusta per me, e invece era solo l’amore che amavo.
La chiamo, ed eccola volare in grembo o in spalla. La sua testa è così piccola che il solo pollice è troppo grande per una carezza. Allora la metto sul tavolo, avvicino il viso e raccolgo la testolina nel cavo dell’orbita. In questo modo, chiudendo e aprendo gli occhi l’accarezzo con le ciglia e lei ricambia, cospargendomi di baci in punta di becco. Sento nei miei occhi i suoi, piccolissimi e umidi, poi il profumo di miglio delle piume sotto le ali. Di sera, mentre leggo un libro si accuccia tubando tra collo e mento.
Infine, quando spengo la luce salta sul bordo in alto della porta, e lì dorme. Io che riposo con le imposte aperte, specie nelle notti di luna piena vedo nella penombra della stanza questa creatura appollaiata su una zampa sola, che mi incute mistero e un grande rispetto.
Io lo so che pure nel sonno lei mi fissa. Da una distanza di metri ci guardiamo negli occhi, ciascuna dai confini del proprio mondo, più intime però che tra uomo e uomo. Poi alle sei si sveglia, vola spedita sul letto e viene a svegliarmi con riti di toletta e richiami ruotanti.
E tutto meravigliosamente ha di nuovo inizio.
Foto: Jacopo Naddeo