07 Dic Vittorio Sgarbi sulla pittura di Eliana Petrizzi
Credo che non si possa definire l’arte con le parole se l’arte non esiste nelle opere.
Se parlo quindi di Eliana è perché nelle sue opere c’è arte, arte vera, carica di promesse. L’artista mi ha posto una condizione insolita; mi ha chiesto di far prevalere nelle mie osservazioni “il cuore” sulla ragione, sulla cultura. Le ragioni del cuore. “Cuore” significa allo stesso modo amore, passione, calore, carità, bontà, sensibilità, generosità, perfino coraggio. Siamo noi, di volta in volta, ad interpretarne il significato, oppure a considerare tutti i significati come se la genericità non fosse di svantaggio alla comprensione precisa del termine. E quella della vaghezza è probabilmente l’interpretazione più giusta per avvicinarmi alla sua pittura. Vaghezza innanzitutto di forme, di figure, di spazi, di situazioni. È difficile trovare nelle pitture di Eliana qualcosa di completamente stabile, definito, compiuto, qualcosa che si possa descrivere con chiarezza, qualcosa che non lasci aperto il campo a diverse interpretazioni.
Esiste una costante di fondo, una ricerca surrealista di contraddizione, quasi un’assenza della ragione, dalla quale scaturisce molto del fascino indefinito e indefinibile che queste opere vogliono manifestamente suscitare. Vi sono volti dall’espressione sospesa, dagli occhi profondi e intensi, volti disegnati con perizia e mestiere, che sembrano promettere corpi altrettanto torniti, affusolati, nitidamente plastici; e invece finiscono per essere presenze isolate e autonome, su figure assai meno definite, provocatoriamente diseguali, talvolta così evanescenti da ridursi a eleganti arabeschi. Altre volte, invece, il contrasto è tra parte e parte del dipinto, con figure di imperturbabile accuratezza, su elementari sfondi uniformi, appena definiti in profondità da suggestivi percorsi a graffito.
All’improvviso poi si apre lo spazio del cuore, una ferita, uno stigma, il cuore allo scoperto da cui parte l’intensa luminosità dello sguardo. Non c’è mai sicurezza davanti alle pitture di Eliana; eppure, con sorpresa, ci accorgiamo che questa ineffabile ambiguità, questo universo freddo e apparentemente con poco cuore non ci causa tensione, ansia, inquietudine, come invece sarebbe stato logico supporre. Solo di rado può sfuggire qualche lieve brivido vedendo, mentre navigano nel vuoto, maschere troppo umane per non essere di carne o troppo levigate per essere entità fisiche. Ma solo per un momento, perché ci accorgiamo subito che la pittura di Eliana appartiene a una dimensione e a un tempo che non sono quelli del corpo: sono quelli dell’anima. Eliana ci offre visioni che non spaventano, non disturbano, sebbene non siano mai propriamente serene (c’è la contraddizione a tenerci svegli, a segnalarci che siamo davanti ad apparizioni misteriose ed eccezionali); ci invitano, piuttosto, a interrogarci, a esplorare il territorio del nostro inconscio, a sottrarci a condizionamenti impropri e a liberare le nostre fantasie seguendo le suggestioni di un’immagine, di un delicato groviglio di linee, di un grumo di colore.
Forse è questo il significato che dovremmo attribuire al “cuore” di Eliana: solo dall’animo libero, puro, disposto ad assecondare la propria sensibilità senza limiti, può nascere la vera poesia.